venerdì 7 febbraio 2014

Il Pianista - Wladyslaw Szpilman

Lunedì 27 gennaio si è celebrata la Giornata della Memoria. 

Quest'anno non mi ero preparata, non volevo mettere la stessa e solita foto, non mi erano venuti in mente libri da recensire, altre avevano già dato il loro preziosissimo contributo,quindi ho lasciato stare. 

Poi alla sera hanno trasmesso il film tratto da un libro che ho letto anni fa, un libro bellissimo, agghiacciante e commovente ed è questo che vorrei presentarvi oggi, amiche del VdL. 


Un libro che consiglio a tutti anche se avete già visto il film, non perché il libro sia meglio come capita a volte, ma perché semplicemente è diverso. Pensieri, emozioni, descrizioni nel film non rendono tanto quanto nel libro. Io stessa l’ho letto solo dopo aver visto il film di Roman Polanski.

La narrazione, nonostante rifletta eventi drammatici, dolorosi e atroci si dipana con estrema pacatezza, con un linguaggio asciutto e distaccato, sebbene le memorie di Wladyslav Szpilman siano state scritte "a caldo", subito dopo la liberazione di Varsavia nel Gennaio del 1945.


Il romanzo autobiografico inizia nel settembre del 1939 quando Wladyslaw, giovane, talentoso pianista, sta suonando Chopin per una registrazione radiofonica alla radio di Varsavia; durante il concerto arriva la notizia dell'invasione nazista della Polonia.

Da quel momento la sua vita non sarà più la stessa.

Con Szpilman si entra nel terrificante mondo del ghetto di Varsavia durante l'occupazione tedesca, insieme a lui si vivono le privazioni sia fisiche che morali a cui sono stati sottoposti gli ebrei (la costituzione del ghetto piccolo e del ghetto grande, le norme igieniche assolutamente deprecabili, i rastrellamenti, ebrei che tradiscono altri ebrei nella vana speranza d'essere risparmiati).

Non c'è odio o desiderio di vendetta nelle pagine che ha lasciato, solo una pacata tristezza e il desiderio di ricordare, più per se stesso che per gli altri, una sorta di elaborazione dei propri ricordi, ancora vivi e brucianti, con la possibilità della "liberazione" del proprio cuore dal loro peso. 

Con immagini vivide e toccanti Wladyslaw racconta della sua famiglia scomparsa, racconta di sua madre, che non mancava mai di portare a tavola la minestra, assicurandosi che tovaglia e tovaglioli fossero sempre puliti e che non si parlasse di argomenti tristi: “Passerà tutto, aspettate e vedrete”.
L'ultimo pasto consumato insieme ai genitori, alle sorelle e al fratello prima della fatale partenza (lui verrà sottratto al convoglio da un conoscente all'ultimo minuto).
Ricorda l'estremo saluto di quest'ultimo tra la folla di disperati prima di salire sul treno diretto ai campi di sterminio:
“...sollevò una mano in un gesto d'addio, come se lui dall'oltretomba prendesse congedo da me, che partivo verso la vita”. 

Terribili furono gli anni in cui Szpilman, ormai privo di un lavoro che potesse giustificarne la sopravvivenza, fu costretto a nascondersi in appartamenti di fortuna messi a disposizione da conoscenti non ebrei che riuscirono a ricevere i suoi disperati messaggi d’aiuto.
In quei lunghi mesi passati nel terrore di essere scoperto dalla Gestapo, Szpilman riuscì a sopravvivere vivendo nel silenzio più assoluto e nella più assoluta mancanza di qualsiasi tipo di bene: dal cibo, che gli veniva portato in dosi minime a scadenze sempre più allungate, a beni materiali di minor valore eppure di compagnia in situazioni simili (libri, giornali). Szpilman racconta di aver passato intere settimane a ripassare mentalmente ogni conoscenza acquisita in passato: che si trattasse di musica, di letteratura o di lingua inglese, poco importa. Agghiaccianti sono le pagine in cui racconta come tentasse di escogitare un modo per togliersi la vita rapidamente nel caso di una irruzione della polizia tedesca. Ma miracolosamente riusciva a scampare ad ogni rastrellamento. 

Fu però il 1944 l’anno più duro per il pianista polacco. I tedeschi iniziarono a distruggere tutte le abitazioni di Varsavia: Hitler aveva deciso di radere al suolo l’intera città.
Fu così che Szpilman si trovò senza neanche più una casa in cui nascondersi: trascorse un intero anno vagando per le distrutte strade di Varsavia alla ricerca di cibo e acqua. Gli capitò di nascondersi tra i numerosissimi cadaveri abbandonati per strada, pur di sfuggire ad improvvise apparizioni di soldati tedeschi nelle deserte vie di Varsavia. Fu anche costretto a bere acqua piena di cenere e di parassiti pur di sopravvivere ai feroci morsi della fame e della sete.

Proprio quando sembrava tutto finito, un ufficiale tedesco, Wilm Hosenfeld, lo scoprì mentre curiosava in un'edificio alla ricerca di qualcosa da mangiare. Szpilman non lo sapeva, ma quell’edificio era destinato a diventare un quartier generale tedesco.
Szpilman, ormai stremato dopo tanti anni di sofferenza e di fuga dai tedeschi, raccontò ad Hosenfeld cosa faceva in quel posto. Hosenfeld gli chiese cosa facesse prima della guerra. Nell’edificio, uno dei pochi ad esser rimasti integri in tutta Varsavia, c’era un vecchio pianoforte mezzo scordato, e così Hosenfeld, amante della buona musica, chiese a Szpilman di suonargli qualcosa: sono le note del Notturno in Do# minore ad scandire gli attimi più emozionanti del racconto.
Hosenfeld consigliò a Szpilman di nascondersi in un sottoscala che era sfuggito anche allo stesso pianista polacco. Lì, senza fortunatamente mai essere scoperto dai tedeschi, Szpilman sopravvisse per le restanti settimane prima della ritirata tedesca (conseguente all’avanzata sovietica), grazie anche al cibo che gli portava il comandante Hosenfeld.
Szpilman sopravvisse a questa immane tragedia che è la Shoah grazie ad un esponente dei carnefici.

Il libro fu pubblicato nel 1946 ma il regime comunista di Varsavia lo bandì poiché "non gradito". Troppo lo spazio per il ricordo dell'Olocausto. La dottrina vigente che vede gli ebrei come parte della "fratellanza dei popoli antifascisti", nega l'unicità della Shoah. E non piace neanche il tedesco buono. Così il libro cadde in oblio, e Szpilman si dà alle canzoni. Lo rintraccia la famiglia del capitano Hosenfeld. L'ufficiale è prigioniero dei sovietici. Szpilman arriva dai capi del regime in Polonia e perora la causa del suo salvatore,  ma rimane inascoltato.  Hosenfeld muore sotto tortura. I russi si accaniscono contro di lui con particolare veemenza, perché è oltraggioso che un tedesco racconti di aver salvato un ebreo a Varsavia.

Wladyslaw Szpilman

Infine, vorrei aggiungere che il libro è arricchito con degli "Estratti dal diario del capitano Wilm Hosenfeld"; verso la fine, poi, vi sono alcune pagine di Wolf Biermann che getta "Un ponte tra Wladyslav Szpilmann e Wilm Hosenfeld". In queste pagine il lettore impara a conoscere la generosità di Hosenfeld che, sebbene ufficiale tedesco, dà prova del suo coraggio salvando delle vite umane poste in pericolo dalla crudele ideologia nazista, tanto che W. Biermann spera di "riuscire a far piantare presto nel viale dei Giusti [nello Yad Vashem] un albero alla memoria del capitano Wilm Hosenfeld, un albero che riceverà l'acqua del Giordano."


Un libro toccante, struggente, agghiacciante.

Nocturne op. 20 posthume C sharp minor (1998) ©1998 by Andrzej Szpilman




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Il pianista. Varsavia 1939-1945. La straordinaria storia di un sopravvissuto
Wladyslaw Szpilman
Dalai Editore

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Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Homemademamma. 

La lista delle altre partecipanti la trovate qui

Buon weekend a tutti! 

4 commenti:

  1. Molto interessante, su un tema per il quale ogni integrazione è sempre necessaria. Grazie.

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    1. La povna questo in particolare dovrebbe essere uno di quei libri che nn dovrebbero mancare da una libreria! Grazie x essere passata di qua! Buon weekend! :-)

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  2. Libro molto interessante di cui ho sentito tanto parlare... però non ho ancora letto....

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    1. Stefania so che magari può sembrare un libro pesante ma nn lo è assolutamente! Quando senti che è il momento giusto prendilo in mano! Baci!

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